Nella filosofia contemporanea: Marx&Engels
Nel mondo contemporaneo risultano evidenti i problemi legati all’impatto delle attività umane sull’ambiente.
Si possono individuare nel marxismo alcuni importanti elementi che rimandano a diverse tematiche ecologiche contemporanee.
Nel più importante degli scritti giovanili di Marx, ovvero i “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, l’autore analizzò l’intreccio fra “naturalismo” e “comunismo”.
“Le piante, gli animali, le pietre, l’aria, la luce, eccetera costituiscono una parte della vita umana e dell’umana attività. La natura è il corpo inorganico dell’uomo […] Che l’uomo viva della natura vuol dire che la natura è il suo corpo, con cui deve stare in costante rapporto per non morire […] l’uomo è una parte della natura.”
La natura è oggetto del lavoro dell’uomo:
“L’operaio non può produrre nulla senza la natura, senza il mondo esterno sensibile. Questa è la materia su cui si realizza il suo lavoro, su cui il lavoro agisce, dal quale e per mezzo del quale esso produce.”
Il tema venne ripreso da Engels nel 1876, con la sua “Dialettica della natura”.
“L’animale si limita ad usufruire della natura esterna, ed apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l’uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina. Questa è l’ultima, essenziale differenza fra l’uomo e gli altri animali, ed e ancora una volta il lavoro che opera questa differenza. Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria sulla natura; la natura si vendica di ogni nostra vittoria.”
Sempre Manoscritti economici-filosofici, si analizzano le conseguenze dell’alienazione imposta dai rapporti di produzione capitalistici.
“Poiché il lavoro estraniato rende estranea all’uomo la natura e l’uomo stesso; la sua propria funzione attiva, la sua attività vitale, rende estraneo all’uomo la specie; fa della vita della specie un mezzo della vita individuale […].”
Solo il comunismo può sopprimere questa alienazione, realizzando una riconciliazione dell’uomo con l’uomo e della specie con la natura.
Se in regime di economia capitalistica, soprattutto nel settore agricolo, si verificano sprechi colossali, Marx scorse nella socializzazione dei beni della natura una soluzione all’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali.
Nel terzo volume del “Capitale”, Marx affermò che gli individui non sono proprietari della terra: essa è stata loro affidata perché la conservino, migliorandola se opportuno, in modo tale che anche le generazioni future possano goderne appieno.
Nel saggio “Anti-dühring” del 1878, Engels tracciò un possibile scenario in grado di permettere la coesistenza di un apparato industriale sviluppato e di un ambiente salubre per il lavoratore.
“Solo con la fusione fra città e campagna può essere eliminato l’attuale avvelenamento di acqua, aria e suolo, solo con questa fusione le masse che oggi agonizzano nelle città saranno messe in una condizione in cui i loro rifiuti siano adoperati per produrre le piante e non le malattie. La civiltà ci ha senza dubbio lasciato nelle grandi città un’eredità la cui eliminazione costerà molto tempo e molta fatica.”
Dunque, la salvezza del pianeta non risulta compatibile con una economia capitalistica: per rendere l’ambientalismo davvero efficace è perciò necessario che i problemi ambientali fuoriescano dal campo etico per affermarsi in campo politico e sociale.
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